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Non è forse un caso che nel componimento Italia, Giuseppe Ungaretti, enun- ciando la sua definizione di poeta e di patria, àncori la propria esperienza biografica e letteraria a una identità alimentata da «innumerevoli contrasti d’innesti» che nel suo animo sono divenuti tutti fecondi. Ed è nel segno della contaminazione culturale che sorge così il suo «primo grido». Egli è sì nato da genitori italiani, ha sì viaggiato in Europa formandosi come uomo e come intellettuale, ha sì assorbito la lezione simbolista francese, ma la sua poesia non sarebbe stata quella che noi oggi conosciamo e apprezziamo se non fosse «maturato» in Egitto, nel clima multiculturale dell’Alessandria di fine Ottocento e inizio Novecento. I suoi versi non avrebbero ospitato quelle immagini, quei simboli, quei suoni che lo hanno reso tra i maggiori poeti del XX secolo italiano ed europeo, se la sua ispirazione non fosse stata influenzata da ‘paesaggi’ mediterranei che sono forma mentis e forma cordis dei suoi componimenti. L’Egitto è pertanto uno di quegli «innesti» che non può essere ignorato o considerato come mera occasione biografica. Gli esiti della ricerca sono per lo più inediti, se si pensa anzitutto al recupero integrale del corpus di testi pubblicati dal 1909 al 1912 in periodici italiani e anarchici; ma anche i dati biografici rivelano aspetti sorprendenti, mai riportati alla luce, e che ora possono finalmente ricomporre il mosaico dell’infanzia e della giovinezza del futuro poeta, che già nella ‘sua’ Alessandria si era affermato come intellettuale sensibile alle cause degli ultimi e al fascino delle lettere.